Naranga” il nome dell’arancia come il suo frutto, questo agrume della famiglia delle Rutacee, scorre nel tempo e lungo le rotte terrestri e marittime da un popolo all’altro, da una lingua all’altra, dal sanscrito all’antico persiano, dal greco dei bizantini “nerantzion” al latino arangium, arantium o aurantium.
Alle sue diverse varietà, gli scienziati hanno attribuito Citrus fortunella, Fortunella margarita, Citrus sinensis. Più frizzante, gli italiani la chiamano “arancia”, gli spagnoli “naranja”, “laranha” in portoghese, “aràngi” in provenzale poi “orange” in francese, nome dato anche alla città di Orange, crocevia di mercanti .
Nel 1491, circa 20 milioni di anni dopo la sua apparizione nel giovane arcipelago malese, appena distaccato dall’Asia e dall’Australia, gli aranci si affollarono nel cuore della stiva di una ricca galea veneziana, regalo di nozze della Regina di Cipro all’amica Beatrice d’Este con il Ludovico Sforza detto il Moro duca di Milano. Grati ai benefattori che glielo avevano fatto scoprire, gli Arabi del bacino del Mediterraneo diedero a l’arancia, oggetto di una passione smodata, il nome della loro patria: “bortugal”!
Non è tutto !
Anche se i botanici la disegnano con precisione nei loro taccuini, l’arancia si è infiltrata nel mito del favoloso “Giardino delle Esperidi” situato nell’estremo Occidente, dove fingeva di essere una mela d’oro. Nella Parigi degli anni ’20, immerso nell’inchiostro dei poeti, il frutto surrealista farà scrivere a Paul Eluard che “la terra è blu come un’arancia”. Quindi chiamamo la nostra piccola galea con il nome di Fortunella.