Le anfore, viaggiatrici e loquaci.

Fini, slanciate, contenevano del vino, dell’olio di oliva, delle salse di pesce; la pancia arrotondata, c’erano dei cereali,  del frumento, del farro, o le olive della Grecia, della Sicilia, della Liguria; le più piccole chiamate alabastro proteggevano dei profumi o degli unguenti per i ricchi Fenici o Egiziani; quelle di Lipari racchiudevano la pietra di allume destinata fra l’altro alle concerie di Pompei.

 

 

(  nel porto di Ostia)

Le anfore, giarre di terra cotta, sono intrecciate alla Storia marittima del Mediterraneo fin dal II millennio a.c. sulle coste del Medio Oriente,  fino alla sostituzione con le botti,  più pratiche meno fragili ma senza charme, alla fine dell’Antichità.

 

(ph. Relations de voyages)

Sapete che il loro piede (la punta sulla quale riposavano) era in realtà un manico che permetteva una terza presa nel palmo della mano per caricarlo sulla schiena dell’uomo o versare il contenuto?                                                                        Allora oggi che ammiriamo le anfore nei musei senza osare di toccarle, i romani le decapitavano con la spada per vuotarle più rapidamente.

 

(ph. Relations de voyages -Tan anfora e anello  della vela “Grand hunier volant” del Bélem)

Più di un semplice contenitore di derrate alimentari destinate al commercio internazionale – degli archeologi ne hanno ritrovate  lungo il Reno e fino a Pondicherry sulla costa indiana – , le anfore erano anche delle unità di misura perché il peso di certe anfore vuote era uguale a quello del liquido in esse contenuto; indicatori di tracciabilità del loro contenuto perché la loro forma e i ” tituli picti” sul collo o sulla spalla indicavano il  luogo di fabbricazione sulle rive  della “MARE MEDI TERRA”.

 

 

 

(ph. : anfore ritrovate ne relitto della nave Aleria fra la Corsica e Roma)

E’ la caratteristica  usa e getta e poco degradabile  delle anfore che da il loro valore archeologico.Fanette Laubenhaime archeologa del vino, dice delle anfore che erano” viaggiatrici e loquaci”: quasi intatte e piene quando sono scoperte nella stiva  di un relitto di una galea inghiottita nel canal di Messina o riciclate ( in epoca romana) come materiale di consolidamento  delle banchine del porto di Arles (Francia), fino ai cocci sparpagliati e sotterrati nel sottosuolo delle città  o creando all’aperto dei cumuli come il Monte Testaccio a Roma, le anfore permettevano di ricostituire gli scambi commerciali, culturali e la loro intensità, la griglia delle rotte marittime  all’interno del Mare Mediterraneo durante l’Antichità. Saranno in qualche modo il calco dei neuroni della sua memoria?

 

 

(ph.Philippe Plisson le Bélem)

Le anfore ci incantano e in attesa di infilare nuovamente delle pinne e mettere una maschera, e di andare a guardare in fondo al mare intorno a Lipari, le riproduciamo nel laboratorio con queste vele che spingevano delle navi mercantili: la vela Grand Hunier Volant del Trois Mats Belem del 1895 ( foto sopra) che trasportava il cacao dal Brasile alla Francia – o il fiocco tan bark (marrone) di un botter di Anversa.

 

(ph. Relations de voyages)

Queste ultime vogliono essere dei simboli nomadi e loquaci della lotta contro l’inquinamento del Mediterraneo da imballaggi di plastica dei nostri prodotti alimentari e altri beni di consumo quotidiano .